PANDEMIA: SOGNO O SON DESTO?
A cura di: Dott.ssa Grazia Imparato
"Sogno o son desto?"
Così nacque il dubbio Cartesiano moltissimi anni fa e così probabilmente iniziano o terminano oggi le nostre giornate, nel 2020.
Pensavamo di aver raggiunto tutto, di aver trovato o avuto tutte le risposte e invece no. Oggi che tutti i nostri appuntamenti sono annullati e le agende chiuse proprio come le nostre porte, ritornano le domande ma questa volta siamo inermi, soli, confusi, rabbiosi, ansiosi, stressati, stanchi ed è difficile trovare le risposte.
Non abbiamo più la presunzione di poter fare e dire tutto, non ci sentiamo neanche più invincibili e belli come prima, anzi la nostra nuova immagine allo specchio, senza orpelli, quasi ci spaventa, ci destabilizza.
Ma ci siamo mai guardati così a fondo come stiamo facendo ora?
E quindi sogno o son desto?
Probabilmente ce lo stiamo chiedendo ogni giorno cercando di dare un significato o una risposta a quanto sta accadendo da circa un mese nelle nostre vite ma una risposta non c’è. Ciò che sta accadendo è nuovo, inesplorato. Il nostro cervello, seppur evoluto, non ha memoria di eventi così catastrofici e così vicini a noi e di conseguenza non ha schemi di comportamento da poter attuare, strategie di coping cui riferirsi, non ha tentate soluzioni a cui aggrapparsi ma tutto è nuovo, da costruire. Il nostro essere è da ricostruire nella solitudine più totale, finalmente a contatto solo con noi stessi.
Restano però attivi antichi meccanismi primordiali a cui aggrapparsi: le emozioni, che fino ad ora abbiamo ampiamente tralasciato e trascurato nelle nostre vite. Qualcuno può riscoprirsi fragile, particolarmente sensibili, altri potrebbero meravigliarsi della loro durezza.
In questi contesti però una delle emozioni più in voga è la paura, emozione primaria fondamentale per la nostra difesa e sopravvivenza: se non la provassimo non riusciremmo a metterci in salvo dai rischi.
Quindi ben venga percepire e sperimentare paura perché ciò ci attiva ma se non riusciamo a gestirla percependo il Coronavirus come un pericoloso predatore inarrestabile, rischiamo di attuare comportamenti impulsivi, frenetici e irrazionali che, se avevano un senso ai tempi delle caverne, ora rischiano di essere controproducenti.
La conseguenza più grande dell’incapacità di razionalizzare la paura è il panico o l’ansia generalizzata, per cui ogni piccola informazione, ogni minimo segnale sintomatico del nostro corpo viene generalizzato percependo ogni situazione come rischiosa ed allarmante e noi, esseri umani limitati, non siamo fatti per reggere situazioni di allerta o tensione troppo a lungo.
In passato tali situazioni venivano risolte con l’attacco (se il predatore era meno forte di noi) o la fuga dalla situazione pericolosa, ma nei tempi moderni spesso si staziona in situazioni stressanti in modo continuativo, soprattutto ora che non possiamo distrarci davanti ad uno spritz o con una passeggiata al mare…Ora siamo molto più bravi a rimuginare, pensare e immaginare piuttosto che agire ed è per questo che preferiamo la fuga.
Che poi, cosa dovremmo attaccare? Chi?
Il pericolo è così piccolo, microscopico e impercettibile che sarebbe impossibile attuare strategie di attacco utili al risolvere la situazione.
Non c’è nessuna tigre da sconfiggere, non c’è nessun rumore che ci spaventa, non c’è nessun passo nella notte che ci segue… Il pericolo è nuovo ed è ovunque, per questo il nostro cervello non ha risposte.
Ci difendiamo scappando, chiudendoci nelle nostre case, com’è giusto che sia, ma l’errore che facciamo è quello di non agire, anche stando “fermi”. L’unica cosa che facciamo è ascoltare la conta dei nuovi contagi, dei morti e leggere notizie che non fanno altro che sovraccaricare il nostro sistema parasimpatico.
L’epidemia generata dal Coronavirus è una tragedia che sicuramente cambierà le nostre vite, i nostri rapporti, i nostri modi di pensare, ma questa epidemia in primis sta cambiando il nostro essere. In questa situazione d’isolamento o quarantena il mondo esterno è fuori ed è difficile percepirlo perfino dalla finestra, ma questo virus così invadente ci sta dando una possibilità, quella di allontanarci dal costruito, dalla materia, dal non senso delle nostre azioni abitudinarie per riconnetterci alla parte più profonda del nostro essere, alle nostre emozioni, ai nostri pensieri più reconditi, al nostro io.
Il tempo che ora viviamo soli e solo nelle nostre case è un tempo prezioso che non ritornerà. É un tempo in cui possiamo riscoprirci figli, genitori, nonni. E’ un tempo in cui possiamo conoscere i nostri limiti, le nostre paure e i nostri punti di forza. E’ un tempo in cui noi e solo noi abbiamo il potere di decidere cosa fare, cosa leggere, cosa studiare, cosa mangiare, di cosa vivere!
Nessuna costrizione esterna, non c’è mancanza di tempo, non c’è impegno improrogabile, ci siamo noi e il nostro tempo!
Ora più che mai è il tempo della resilienza. Perché sprecarlo!
Un programma dettagliato di come vivere le nostre ore sarebbe opportuno per predisporre all’azione il nostro cervello. Organizzare un programma da svolgere e magari fare ciò che per mancanza di tempo non abbiamo potuto fare vorrebbe dire mandare imputi positivi al nostro sistema nervoso,si può: ordinare l‘armadio, la libreria, le cartelle del pc, leggere un libro, dedicarsi alla cura della persona, fare sport, fare sperimentazioni in cucina… Tutto ciò che possiamo fare con le mani aziona il nostro cervello positivamente e sono tantissime le cose che possiamo fare, rispettando i nostri gusti e le nostre tendenze.
Inoltre, scrivere, annotare i pensieri a mano in un “diario della quarantena” sarebbe qualcosa di veramente terapeutico. La scrittura ha un effetto snellente, toglie il peso dei pensieri e lo stress. Scrivere è come una buona prassi di pulizia,libera lo spazio nella testa e lo proietta sul foglio, con esso emozioni e sensazioni vanno via pronti ad essere riletti in modo più ragionato e distaccato. Perché non farlo?
Bastano solo ventuno giorni di un comportamento per far si che questo diventi un abitudine e ora, che di giorni ne abbiamo, è il momento di creare buone abitudini.
Pensieri positivi. Una buona dose di pensieri positivi o ricordi positivi può scatenare una scarica di ormoni in grado ridurre lo stress e stimolare il rinnovamento cellulare e degli anticorpi e ciò lo si può fare comodamente seduti, sognando ad occhi aperti!
Siamo noi i padroni del nostro umore, basta agire!
I pensieri negativi sono involontari, ma possiamo imparare a riconoscerli e piano piano sostituirli con quelli positivi. Noi non siamo quello che pensiamo, il cervello può essere indirizzato verso la felicità.
E quindi…Sogno o son desto? Cartesio risponderà a questa domanda successivamente, con il famoso “Cogito, ergo sum”, penso dunque sono. Si, non è un sogno, siam desti, l'epidemia è una triste realtà…ma se ora il tuo sogno più grande è che tutto ciò finisca al più presto non limitarti solo a pensare e ad esistere, resta a casa ma agisci!